Edilizia e territorio
Edilizia e territorio, un rapporto tra urbanistica e stile
Sappiamo che le opere edili hanno un impatto sul nostro ambiente e la nostra vita. Ogni architettura che viene costruita (o restaurata) occupa uno spazio ben definito, ha un impatto visivo e funzionale. Accoglie con una sua vivibilità chi si trova all’interno, stabilmente come abitazione oppure per lavorare, visitarla, etc.
In definitiva, il rapporto tra edilizia e territorio è importante per il singolo e la collettività, tanto che se ne occupano tutte le leggi urbanistiche. Vediamo meglio in cosa consiste la normativa a riguardo, e perché ispira ogni intervento edilizio.
Cos’è l’urbanistica e come definisce l’edilizia locale
Le leggi urbanistiche nascono fin dall’antichità per disciplinare l’attività edilizia su ogni territorio, oltre a dare o meno il diritto di edificare in una determinata zona.
La legge principale che regolamenta l’urbanistica è la L. 1150/1942, che riguarda molti aspetti della disciplina urbanistica. È una norma che istituisce i Piani Regolatori Generali (PRG).
Questa legge prevedeva che i PRG dovessero essere attuati attraverso Piani Particolareggiati di iniziativa pubblica, stabilendo i contenuti per i Regolamenti Edilizi – con Piani Regolatori Comunali per il rapporto tra edilizia e territorio a livello locale.
Ordinando i servizi urbanistici, questa norma ha definito gli ambiti di applicazione dei piani territoriali. Anche se le norme si sono evolute (lo vedremo nel prossimo paragrafo) oggi ancora si fa riferimento ai criteri generali stabiliti dalla legislazione urbanistica del 1942.
Ricordiamo che le leggi urbanistiche si distinguono dalle leggi edilizie, che invece regolano gli aspetti dell’attività edilizia e i relativi interventi (modalità di svolgimento dei lavori, definizioni tecniche, titoli abilitativi, sicurezza strutturale, efficienza energetica etc.).
La zonizzazione in urbanistica
Collegata a questa prima legge del 1942, c’è il concetto fondamentale che lega edilizia e territorio, il quale viene suddiviso in aree omogenee tramite la zonizzazione.
Questa parola, che deriva dall’inglese zoning, viene usata nella pianificazione urbanistica per ripartire ogni Comune in tante zone differenti, delimitate in base a determinate caratteristiche.
Tramite la zonizzazione territoriale la pubblica amministrazione disciplina l’uso del suolo, e ogni area verrà designata con una funzione, specificando destinazione d’uso e di trasformazione.
Lo strumento della zonizzazione viene usato per indicare quali sono i vincoli da osservare in ogni zona, con rimandi a specifiche normative.
Il concetto di zonizzazione è stato approfondito dalla Legge 765/1967 (che citeremo in seguito), che istituisce le cosiddette zone territoriali omogenee (ZTO). Specifica anche la ripartizione del territorio per uso (residenziale, produttivo, industriale, servizi) e spazi riservati (verde, parcheggi, attività pubbliche, etc.).
Per diventare un vero strumento della pianificazione urbanistica, le aree sono riportate sia a livello cartografico, sulle mappe urbanistiche, sia a livello catastale. Sono, quindi, uno strumento di facile consultazione per i cittadini e i professionisti dell’edilizia.
La legislazione è stata complessa nel tempo, e lo vedremo, ma in linea di massima si può rimandare a questo periodo la descrizione delle città, tendenzialmente in 3 fasce concentriche:
- centro storico (zona A) – territorio con complessi urbani di carattere storico, artistico e di pregio ambientale;
- zona di completamento (zona B) – prima fascia urbana consolidata, edificazione totale o parziale;
- zona di espansione – aree periferiche destinate alla costruzione di nuovi complessi (zona C)
- zona industriale (zone D) – aree per l’insediamento di impianti per industria, artigianato e attività produttive;
- zona agricola (zone E) – aree del territorio destinate all’agricoltura;
- zona servizi pubblici (zone F) – spazi destinati ad accogliere impianti e attrezzature di interesse generale.
Solo nel caso delle grandi aree urbane la suddivisione delle zone diventa più complessa; in particolare per il rapporto tra destinazione, edilizia e territorio nei PRG di Milano e di Roma.
L’evoluzione del rapporto tra edilizia e territorio
Nel tempo la legislazione si è modificata, di pari passo soprattutto all’incremento di costruzioni, strade e strutture urbanistiche del dopoguerra.
- Già nel 1951 la Legge 1402 prevedeva l’obbligo per diversi Comuni, di adottare un piano di ricostruzione con un regime particolare, di cui hanno usufruito molti altri centri fino agli anni Ottanta.
- Fu sempre negli anni Cinquanta che si cominciò ad avere un’attenzione all’edilizia in rapporto al territorio. Soprattutto per preservare i centri storici e gli ambienti naturali dalla cosiddetta “cementificazione”, dovuta al rapido sviluppo industriale italiano.
- Nacque negli anni Sessanta l’Istituto Nazionale di Urbanistica, che si occupa di presentare una riforma, il cosiddetto codice dell’urbanistica.
- Saranno le Regioni a tentare di integrare lo sviluppo economico con la pianificazione urbanistica. Si preparavano disegni di legge e progetti di riforma urbanistica per tutelare il PRG ed evitare la crescente speculazione edilizia.
- Fu allora che cominciò un periodo in cui venivano rilasciate molte licenze edilizie e si favorì l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia popolare.
- Continuarono gli scandali edilizi, che la “Legge Ponte” (765/1967) tentò di frenare; estese la formazione dei Piani Regolatori e limitò l’attività edilizia nei Comuni sprovvisti di PRG.
- Si crearono i valori per indici e standard urbanistici, tra cui la quantità minima di spazio che ogni Piano Regolatore deve riservare ad uso pubblico e la distanza minima da rispettare nell’edificazione ai lati delle strade (valori fissati con decreto ministeriale 1444/1968).
Gli anni Settanta e Ottanta, le Regioni per l’urbanistica
- Un altro passo, nelle altalenanti vicende tra edilizia e territorio, è dato dalla legge 865 del 1971, che definisce gli interventi per l’edilizia agevolata convenzionata (aree comprese nei piani di 167) e il risanamento degli agglomerati urbani, anche conservativo.
- Sempre nel 1971 vengono promulgate leggi che hanno avuto un valore sull’assetto urbano e territoriale. Per esempio l’istituzione dei Piani del commercio comunali e delle Comunità montane – con il potere di pianificare lo sviluppo sociale ed economico della propria zona.
- La svolta arriva con l’istituzione delle regioni nel 1972 (DPR 8) in cui le Regioni ereditano dallo Stato quasi tutti i poteri urbanistici.
- Nel 1977 esce la cosiddetta legge Bucalossi (Legge 10) in cui si passa dalla licenza alla concessione. Tramite l’istituto della concessione edilizia onerosa, l’autorità pubblica può concedere al proprietario l’uso del suolo.
- Negli anni seguenti nacque il piano decennale per l’edilizia pubblica; agevolata e
- convenzionata (cooperative), sovvenzionata (IACP dello Stato), edilizia libera con agevolazioni bancarie.
- Nel 1978 la legge 457 prevede l’istituzione delle Zone e Piani di Recupero edilizio, di iniziativa privata pubblica, oltre alle procedure per accelerare il rilascio delle concessioni.
- Negli anni Ottanta nacque la politica del condono edilizio (Legge n. 47/1984), per sanare situazioni di abusivismo, subito dopo seguita dalle norme di tutela paesaggistica.
- Nel 1985 esce la Legge 431, che impone alle Regioni una normativa d’uso e valorizzazione ambientale del territorio attraverso Piani Paesistici.
- Nel 1986 la Legge n. 349 istituisce il Ministero dell’Ambiente e nel 1988 un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri impone la preventiva valutazione di Impatto Ambientale per alcune grandi opere (dighe, autostrade ecc.).
Nonostante la difficoltà di ordinare l’attività edilizia, si è affermata nel tempo una cultura urbanistica come la conosciamo negli ultimi anni, che tuteli edilizia e territorio contemporaneamente.
I Programmi di Recupero Urbano e Rigenerazione urbana
Nell’ambito dell’equilibrio tra il consumo di suolo e l’attività edilizia, negli ultimi decenni sono state indette diverse iniziative, dal punto di vista sia legislativo che di promozione delle buone pratiche.
In particolare, nel 1998 sono stati istituiti i Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile (PRUSST), che aggiungono nuove direttive per la materia urbanistica.
L’obiettivo di questi programmi è quello non solo della riqualificazione delle zone urbane degradate, centrali e periferiche, ma anche quello di promuovere alcuni valori che fino ad oggi orientano il nuovo rapporto tra edilizia e territorio. Si parla da allora di sviluppo sostenibile, tutela ambientale, valorizzazione del patrimonio storico, artistico e architettonico. Un esempio sono le norme definite nel D.lgs. 42/2004 – Codice del Paesaggio e dei Beni Culturali.
Molte iniziative sono legate al momento di crisi industriale, negli anni Novanta, che ha portato alla dismissione di molti insediamenti produttivi nelle zone centrali o semi-centrali. Per questo motivo, la zonizzazione si è modificata per far entrare nel tessuto urbano i concetti di riconversione e rigenerazione urbanistica.
È stata abbandonata la classificazione imposta nel 1968, con criteri più articolati per le zone in base a caratteristiche fisiche e funzionali differenti. I concetti di consolidamento e trasformabilità sono entrati per intervenire su alcuni edifici, e aprire le destinazioni d’uso ammissibili anche alle riconversioni.
I PRG mostrano due livelli, con zone già strutturate e non modificabili (centri storici, paesaggi naturalistici) e altre zone dove si inizia una trasformazione. Anche in base ai principi della nuova pianificazione strategica europea (che ispirano il Piano Regolatore di Roma del 2008).
si creano nel tempo i concetti di “area vasta” per i Piani territoriali delle regioni, oppure i Piani paesaggistici e i piani con finalità ambientali come il Piano di zonizzazione acustica.
Permessi di costruire, ristrutturazione e strumenti urbanistici
La normativa, quindi, è abbastanza intricata per le questioni che possono riguardare chi desidera avviare un’opera edilizia. Sia nel caso di una costruzione ex-novo sia per il recupero tramite ristrutturazione, i Comuni e le Regioni circoscrivono gli interventi possibili in alcune zone o fabbricati.
Esistono ormai numerose definizioni, ben precise, dei limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani di ogni territorio. Perciò, in ogni intervento edilizio, di nuova costruzione o di trasformazione edilizia e urbanistica, è fondamentale fare delle analisi preliminare per eventuali permessi di costruire o altre autorizzazioni necessarie.
- Il rilascio dei permessi di costruire spetta allo Sportello unico per l’edilizia, che si occupa anche delle certificazioni relative all’aspetto edilizio, urbanistico, paesaggistico-ambientale, idrogeologico e di ogni intervento per la trasformazione edilizia del territorio.
- Nel tempo sono stati istituiti gli Uffici Tecnici Regionali a cui richiedere il parere sugli strumenti urbanistici, prima di ogni intervento di lottizzazione o altre opere che possono non essere compatibili con le normative di tutela del territorio.
Edilizia e territorio nel 2024
Vale la pena di approfondire con un consulente per edilizia e territorio, anche le recenti normative del 2024, il cosiddetto Decreto salva-casa.
Riguardano il cambio di destinazione d’uso delle singole unità immobiliari all’interno delle aree urbane, sempre consentito con opere in edilizia libera e con la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).
Sono presenti anche novità sugli abusi edilizi, sanzioni e demolizioni per gli interventi eseguiti senza permesso di costruire. Un’opera può essere demolita ma solo dopo il parere delle amministrazioni competenti, perché la demolizione non deve contrastare con gli interessi definiti: urbanistici, ambientali, di rispetto dell’assetto idrogeologico, culturali e paesaggistici.
Si tratta di alcune delle semplificazioni introdotte nelle normative tra edilizia e territorio, per le variazioni all’interno degli alloggi e altre varianti.
Molti professionisti del settore, come architetti e ingegneri, auspicano una riforma completa per favorire la rigenerazione urbana e la riduzione del consumo di suolo con il criterio di “costruire sul costruito”.
All’interno della categoria e per le imprese che si occupano di edilizia e del territorio, si stanno sempre più raffinando le conoscenze e le tecniche da applicare. Per rispettare le normative e sapersi destreggiare tra le varie competenze necessarie: progettazione, direzione, gestione ed esecuzione delle opere edilizie.
Molti aspetti riguardano anche:
- la riqualificazione tecnologica degli edifici – es. il tetto con pannelli fotovoltaici
- le certificazioni energetiche richieste
- la conservazione paesaggistica e storica – come per il tetto in tegole o il tetto in legno diffusi nel territorio.
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